Castello di Saltemnano

Il toponimo Saltemnano conserva la memoria di un nome proprio di origine etrusca, Saltinnanū, rivelando l’antichità del sito.
La località è citata per la prima volta in una Bolla del 1055, con cui l’imperatore Arrigo III la sottopose all’autorità del vescovo di Siena Giovanni. Al 1063, per iniziativa del vescovo Giovanni, è datata la fondazione della chiesa dell’insediamento, San Michele Arcangiolo o semplicemente Sant’Angelo, la cui unica traccia sopravvissuta è il toponimo “La Chiesa” o Poggino nei pressi del castello. Allo stesso periodo, tra XI e XII secolo, risalgono le prime fortificazioni dell’insediamento.

 

Nel 1255 gli abitanti del castello appaiono organizzati da tempo in una “comunitas et homines de Saltemnanum”, istituzione che sopravvivrà fino al XVIII secolo, e che sarà presto sottoposta al dominio senese. Il castello svolse infatti per Siena, tra XIII e XIV, un’importante funzione di controllo del territorio, assieme ai castelli circostanti del vicariato di Percenna, in particolare per il mantenimento delle strade e dei ponti sul torrente Sorra, ai suoi piedi, e dell’Arbia, e per la fortificazione e la custodia del borgo di Buonconvento nel 1372.

Saltennano era anche un attivo centro agricolo: nel Trecento i Tolomei, una delle famiglie bancarie e nobiliari più importanti di Siena, vi aveva molte proprietà, così come l’ospedale di Santa Maria della Scala, che possedeva anche uno “spedale” a Sorbitella al Poggio al servizio dei pellegrini e viandanti della Francigena. La comunità, sottoposta a Siena, era obbligata a pagare ogni anno una tassa, o censo, a conferma della sottomissione e contributo alla Cattedrale senese di S. Maria Assunta: gli abitanti di Saltennano vi recavano ogni anno, assieme ai comuni e ai nobili di tutto lo stato, un offerta in ceri per il 15 agosto, festa dell’Assunzione di Maria al cielo.

La crisi dell’insediamento e del territorio circostante avvenne con la peste del 1348, che a Siena falcidiò 2/3 della popolazione, e proseguì per tutto il XV secolo e oltre con il susseguirsi delle pestilenze, delle carestie e delle scorrerie delle compagnie mercenarie.
Non a caso nel 1402 a Saltennano stavano 10 uomini per la custodia del cassero mentre nel 1453 si lamenteranno presso il governo senese i numerosi danni ad opera del Duca di Calabria. Nel 1449 la chiesa è in rovina.
A partire dal 1420 Saltennano viene ceduta alla nobile famiglia senese dei Pecci: in quell’anno Giacomo de’ Pecci ospitò papa Martino V (Oddone Colonna, 1369-1431) e la corte pontificia nel castello. Il castello, il cui palazzo fortilizio dotato di quattro torri era stato riedificato o migliorato per l’occasione, oltre che statio durante il viaggio della corte papale fu anche lo sfondo per un accordo fra Giacomo e il papa, dove il primo concesse al secondo un prestito di 45.000 fiorini ricevendone in pegno e garanzia la rocca di Spoleto, che tenne per alcuni anni.
A partire dalla metà del XVII secolo la proprietà di Saltennano passa alla famiglia Massari, originaria di Radicofani ed emigrata a Siena tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento, e che vi abita ancora oggi. Il XVII secolo, con la sottomissione ai Medici e al Granducato di Toscana vide un lieve miglioramento per Saltennano.
Nel 1777, infine, un Decreto del granduca di Toscana aggregherà alla comunità di Buonconvento i “comunelli” circostanti, fra cui Saltennano; nel 1809 l’operazione si ripeterà sotto il governo napoleonico spostando però il nostro castello sotto la mairie (comune) di Monteroni, ponendo fine al secolare autogoverno della comunità e nascondendola alla storia.

 

 

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